30/08/2024 alle 20:45 - Festival, Teatro
Hortus Conclusus
Dopo aver debuttato come monologo nel 1994, nel 2001 “Ritornanti” di Enzo Moscato appare al Festival di Santarcangelo in una veste plurale, che vede il poeta-drammaturgo affiancato dalla storica sodale di scena Cristina Donadio, nelle spiazzanti e malinconiche vesti di Little Peach, una stripteuse son malgré, e da un bambino di pochi anni, Giuseppe Affinito, cresciuto con lui, evocazione del Monaciello.
Oggi Ritornanti, maturo del tempo trascorso, delle esperienze raccolte, vuole essere un atto d’amore, un evento poetico in memoria dell’insostituibile figura di Enzo Moscato. Un’occasione, quindi, che fa dell’atto liturgico-teatrale in sé del “ritorno” un evento di confronto e collegamento tra mondi eterni, atemporali, dove l’orfananza non sarà mai vissuta come assenza del poeta.
Ri-tornare, ri-percorrere, ri-sentire, ri-pronunciare, è, forse, l’atteggiamento che pratico di piu’, e piu’ spesso, con le mie cose di teatro.
Soprattutto all’ indomani della prima di un nuovo spettacolo, quando, magari, (e miracolosamente) mi sia riuscito di mettere a punto qualche significativa svolta, formale o tematica, lungo il mio, non sempre lineare, camminare drammaturgico: qualche nuova rottura, qualche nuovo azzardo, qualche inedito desiderio di “ferita” o salto, linguistici, nell’ ignoto vuoto dell’“espressivo” (rubo, con piacere, questo termine, ad Anna Maria Ortese).
Del resto, nessuna parola già detta andrebbe abbandonata mai, in teatro. Nessun movimento, nessun gesto, nessun respiro, già vissuti, dovrebbero venir considerati finiti, de-finiti, esautorati. Morti.
Il nomadismo della ricerca, lo spostamento continuo del limite attraverso i suoi territori, non dovrebbe esser disgiunto mai dal rassicurante, naturale, portarsi appresso sempre le proprie cose, il proprio passato, le proprie masserizie, ideologiche o grammaticali: passi già percorsi, sentieri già battuti, contagi e mali gia’ esperiti, o, magari, chissà? per quale grazia o imperscrutabile sventura, già scampati, mai avuti.
Non per riproporli, certo, così come sono o come sono stati, bensì per fare esattamente il contrario: farli agire, respirare, dibattersi, accanto o dentro un nostro spirito cambiato, nuovo; accanto o dentro un nostro differente modo di capirli o percepirli, e, con essi, con questi “altri” sentimenti, investirli, nutrirli, vivificarli. In una parola: ri-amarli.
E, attraverso noi, sperare che anche il pubblico sia colto dallo stesso, medesimo, irresistibile “coup de foudre “.
Enzo Moscato