31/08/2024 alle 20:45 - Eventi, Festival
Spazio Eventi (Hortus Conclusus)
Una delle prime manifestazioni del cosmopolitismo europeo fu il fenomeno del Grand Tour che raggiunse il suo culmine nel secondo Settecento. Per Grand Tour si intende principalmente -ma non solo – il viaggio di istruzione intrapreso dai giovani esponenti dell’élite europea alla fine del loro percorso di studio. La tradizione, nata in Inghilterra, si diffuse poi nelle altre nazioni europee. Nel corso del XVIII secolo il Grand Tour coinvolse anche nobili, borghesi, scienziati, artisti ed esponenti dell’alta borghesia. Scopo principale del viaggio era conoscere la civiltà classica attraverso un contatto diretto con i luoghi che l’avevano generata. Meta privilegiata era l’Italia, culla non solo della civiltà classica, di cui si conservavano innumerevoli vestigia, ma anche del Rinascimento che ad essa si era ispirato.
In questa comunità viaggiante, che trascorreva lontano dal luogo d’origine un periodo variabile da alcuni mesi a un paio di anni, cominciarono a fare la loro comparsa anche le donne,inizialmente in qualità di mogli o figlie. Infatti, se nella prassi comune i maschi concludevano il loro ben collaudato corso di studi con il fatidico “viaggio”, le donne venivano lasciate nell’inerzia e nella mancanza di una cultura adeguata, dal momento che la virtù richiesta loro era quella di rimanere in ambito familiare con l’onere della casa e dei figli. Da sempre, infatti, il viaggio è stato un’attività “sessualizzante” che mette in luce una differenza fra il maschio mobile e la femmina sedentaria. Ma nel Settecento ci furono donne che cercarono di coltivare le proprie ambizioni culturali e di dichiararle apertamente come segno di autonomia, se non di vera e propria provocazione.
Per quanto costituissero un gruppo esiguo rispetto alla schiera degli uomini, rappresentano comunque un interessante campione da investigare. Solo di recente si comincia a studiare il viaggio ‘al femminile’, che si rivela molto diverso rispetto a quello dell’altro sesso. Purtroppo, però siamo ancora agli inizi di un lavoro che potrà rivelare risvolti sorprendenti. Basti pensare che mentre gran parte dei resoconti di viaggio maschili sono facilmente accessibili, pubblicati e anche tradotti in varie lingue, i resoconti di viaggio delle donne, sono spesso di difficile reperimento o neanche mai dati alle stampe.
Le difficoltà che le donne dovevano affrontare per intraprendere il loro Grand Tour erano molte: la complessità dei tragitti in carrozza, la scomodità delle locande, la promiscuità, i pericoli, le condizioni atmosferiche sfavorevoli e non ultimo il pregiudizio di una cultura che le voleva relegate in un ruolo statico e domestico. Queste donne incontrarono molte difficoltà nel far riconoscere il valore dei loro resoconti di viaggio. La documentazione del viaggio era infatti, anche per loro, affidata alla scrittura: viaggiare senza fissare attraverso le parole quanto si era visto era come non aver viaggiato. Questi scritti, invece, si dimostrano capaci di mettere in luce aspetti inediti dei luoghi visitati e di proporre ai lettori una prospettiva differente e, per certi versi, complementare a quella maschile. Infatti nei resoconti maschili, generalmente prevale uno stile impersonale il cui fine è quello di trasmettere informazioni sulla geografia, l’economia, la storia, l’arte dei luoghi visitati, seguendo lo spirito enciclopedico dell’epoca. Inoltre spesso nei resoconti dei viaggiatori dominano vecchi luoghi comuni, risaltano i preconcetti e i pregiudizi nei confronti della popolazione locale. Al contrario le donne sostituiscono questa tradizionale ricerca con un più ampio ventaglio d’interessi che riguardo i costumi e le condizioni sociali. In definitiva quello femminile appare uno sguardo più attento, meno malevolo, sinceramente più curioso e libero.
Muovendo da queste considerazioni e premettendo la vastità dell’argomento ho scelto di parlare di due viaggiatrici che tra la fine del ‘700 e i primi anni dell’800 si avventurarono fino a Benevento, città fuori dai percorsi abituali dei gran turisti. Nel 1795, a circa sessant’anni fece un’escursione a Benevento la marchesa romana Margherita Boccapadule, accompagnata dal suo compagno Pietro Verri, fratello del famoso Alessandro. Qualche anno dopo, nel 1804, una signora inglese di mezz’età, Mariana Starke, molto famosa in Inghilterra per aver scritto le prime guide ‘moderne’ sull’Italia, decise di visitare Benevento da sola. Si tratta di testi praticamente ineditida cui si possono trarre notizie interessanti su una zona d’Italia ignorata all’epoca del Grand Tour, attraverso lo sguardo di due donne temerarie.
Luciana Jacobelli